Trump e il prezzo dei farmaci

Trump ha lanciato la classica provocazione demagogica e populista, irrealizzabile come tutte le soluzioni demagogiche e populiste. Se davvero l’Amministrazione americana provasse a legiferare un taglio secco a doppia cifra dei prezzi dei farmaci, sarebbero i mercati, le quotazioni di Borsa, le contro-scelte dei manager delle imprese farmaceutiche, etc., a costringere alla marcia indietro, come già è accaduto dopo il primo farsesco annuncio dei dazi all’import con tanto di lavagna nel giardino della Casa Bianca. Ma il problema comunque c’è, perché i prezzi dei farmaci in Us sono multipli di quelli praticati in Europa.

Prima che questa sproporzione spinga a soluzioni subottimali o faccia apparire di buonsenso soluzioni che di buonsenso non sono, è necessario iniziare ad affrontala in maniera razionale e lungimirante. E, per essere razionale e lungimirante, una soluzione non può non essere cooperativa tra realtà così interconnesse come gli Us e l’Europa, e di costruzione di un “territorio di mezzo” che permetta ai due sistemi di convergere con la giusta gradualità verso le caratteristiche migliori.

Tasselli di questo ”territorio di mezzo” tra Us e Europa dovrebbero essere un trattamento più simile dei prodotti in-patent, dei principi condivisi di regolazione sia nel comparto in-patent che off-patent, anche grazie a questi principi una ampia e più omogena diffusione di copie economiche (generici e biosimilari) di farmaci a brevetto scaduto, la minimizzazione delle spese amministrative e di gestione dei programmi di assistenza farmaceutica, l’efficientamento della filiera distributiva verso il territorio e verso gli ospedali, l’attenzione all’adeguatezza nel consumo dei medicinali tenendo il più possibile sotto controllo fenomeni di induzione al consumo tipici dei modelli con provider privati e terzi pagatori contrattualizzati sul mercato. Se si aprisse questo percorso di convergenza coordinata, potrebbe diventare tema di discussione anche la revisione della durata della copertura brevettale (accorciandone la durata oggi ventennale), compensata, dal punto di vista dei produttori, da una più omogenea tutela su entrambi i lati atlantici, con riassorbimento delle differenze di prezzo Us vs. Europa che oggi si osservano.

Guardando questi tasselli, si coglie subito che sia gli Us che l’Europa avrebbero da compiere una parte del percorso. In particolare, se per gli Us si pone la sfida di controllare gli effetti distorsivi di un sistema nella maggior parte basato su provider privati delle prestazioni con finanziamento tramite coperture assicurative private, a tal fine potenziando i programmi pubblici universalistici finanziati dalla fiscalità generale, per l’Europa si pone sicuramente la duplice sfida di adottare un assetto regolatorio del farmaco più efficiente, orientato al mercato e il più possibile condiviso dai Partner UE all’interno del Mercato Unico, e di concretizzare le grandi opportunità che lo stesso Mercato Unico può offrire anche per programmi paneuropei di R&D nella farmaceutica, per scrollarsi di dosso un po’ della storica “sudditanza psicologica” scientifica e tecnologica rispetto agli Us.

Di questa convergenza transatlantica converrà cominciare a parlare subito, mostrandosi propositivi e costruttivi nelle più idonee sedi istituzionali. Prima si fanno intravedere percorsi nuovi verso obiettivi convenienti per tutti, più si evita il rischio che il sonno della ragione generi mostri o tragicommedie.

Se ne discute in questa RN da titolo "Trump, i prezzi dei farmaci, e la convergenza transatlantica".

Red. Ref.